Vi sono donne e uomini che lottano contro il proprio
destino, per una situazione che non hanno voluto, perché
nessuno sceglie dove nascere. C’è chi vince la lotta e cambia la
propria realtà, e c’è chi si rassegna ma trova comunque un
motivo per continuare, trasformando una via aspra e dura in un
sentiero percorribile: nascondono così il proprio dramma.
Il dramma di Maria Russo era la povertà. Non sapeva
come andare avanti, viveva di quel poco che la carità del paese
le dava. Ogni tanto si ricordavano di lei, la chiamavano per la
vendemmia, per piccoli lavori, oppure le facevano dei regali:
cibo, vestiti usati, legna da ardere. Lei non diceva mai di no,
non poteva permetterselo. Per poche lire, raccoglieva frutta,
patate, castagne, mentre ricordava gli agrumi e gli ulivi della
sua infanzia. Con le mani rosse per il freddo lavava e puliva
ovunque ce ne fosse bisogno. Quando non aveva nulla andava
in ospedale e si sedeva nella sala d’ingresso. Non le facevano
domande, ma le tenevano compagnia, a volte le davano delle
vitamine, e poi un pasto non glielo negavano mai. Aveva
smesso di lottare, di inseguire quell’uomo che aveva amato.
Quell’uomo, non riusciva a odiarlo! Quando scoprì di essere
incinta glielo disse e lui la fece sedere accanto a sé. “Non ho un
lavoro, non possiamo tenerlo, devi abortire”. Ma lei non volle
accettare. Così quell’uomo partì dicendo che andava a cercare
un lavoro e non tornò più. Maria non se la prese, non se la
prendeva mai, e pensò al bambino che portava in seno fino a quella mattina di fine novembre...

 

Marco Scuderi: «Nacqui a Marino, uno dei Castelli romani, nel novembre del 1957. Un padre pastore Valdese e una madre impegnata nelle chiese mi hanno dato una formazione di stampo calvinista, molto diversa da quella degli amici che incontravo. La primissima infanzia l’ho passata nel Lazio, a Colleferro; poi nove anni in Sicilia, a Vittoria; un anno in Piemonte, tra le Alpi Cozie; due anni a Venezia e dal 1970 a Roma con una pausa di un anno a Napoli. Questo mio girovagare ha segnato fin dall’inizio il mio rapporto con l’Italia. Sono sempre riuscito a integrarmi, scoprendo che gli Italiani sono tutti uguali tra loro: nascono, ridono, piangono, sognano, amano, lottano e sperano, tutti allo stesso modo, senza eccezione, anche se si esprimono diversamente. Ora vivo a Roma, dove mi è nata la passione dello scrivere, figlia di quella più antica del leggere, ma potrei vivere ovunque in Italia perché è all’Italia che mi sento legato e non a una Regione particolare.  
I miei primi libri furono due raccolte di poesie pubblicate dalle Edizioni dell’Urbe: “Il ritratto della zingara” (1981) e “Sprazzi di vita” (1982).»